Apr 05

Veglia pasquale: la notte dell’acqua e del fuoco

«Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro». Queste parole risuonano durante la veglia pasquale, attraverso il canto dell’Exultet, il preconio pasquale che annuncia la risurrezione di Cristo. È una notte beata, veramente gloriosa, una notte di grazia – come continua il testo dell’Exultet – in cui la tristezza della morte viene spazzata via dall’esultanza della risurrezione. Il mistero pasquale, celebrato solennemente in questi giorni del triduo ed in ogni preghiera liturgica della Chiesa, si pone al centro della nostra fede come colonna portante di tutta la vita cristiana: proprio perché il Signore è risorto dai morti possiamo credere nel suo vangelo di salvezza, possiamo vivere con gesti concreti il suo amore, possiamo sperare fiduciosi nella vita eterna («Cristo risorto confermerà in noi la speranza di partecipare alla sua vittoria sulla morte e di vivere con lui in Dio Padre» – parole finali dell’introduzione prevista dal Messale alla veglia pasquale).
Questa realtà ci viene ripresentata, per essere approfondita, sviluppata e vissuta ulteriormente, in tutto il tempo pasquale, ossia nei cinquanta giorni che seguono la Pasqua, fino alla solennità di Pentecoste; in questo periodo, illuminati dal triduo come faro sorgente di luce, celebriamo, come fosse un solo giorno di festa lungo cinquanta giorni, il grande evento della Risurrezione del Signore.

In questo tempo liturgico siamo accompagnati anche da alcuni segni che hanno lo scopo di aiutarci a celebrare nel culto della vita il mistero pasquale celebrato nella fede. Tra questi, due in modo particolare ci vengono affidati e consegnati come un testimone direttamente dalla celebrazione della veglia pasquale: il cero pasquale e l’acqua benedetta.
Il cero pasquale, preparato e acceso nella prima parte della veglia, dopo la benedizione del fuoco nuovo, rappresenta Cristo risorto, vincitore delle tenebre e della morte. Questo cero, di grandezza maggiore rispetto agli altri per poter essere ben visibile da tutti, è fin dai primi secoli uno dei segni più espressivi della veglia pasquale e della risurrezione. Prima di essere acceso viene preparato con una iscrizione a forma di croce, contornata dalla data dell’anno in corso e dalle lettere Alfa e Omega (prima e ultima lettera dell’alfabeto greco): questi segni, incisi nel cero dal celebrante con uno stiletto, vengono chiarificati dalle parole che li accompagnano: «Il Cristo ieri e oggi, Principio e Fine, Alfa e Omega. A Lui appartengono il tempo e i secoli. A Lui la gloria e il potere per tutti i secoli in eterno. Amen».
Successivamente vengono incastonati nel cero pasquale anche cinque grani d’incenso, per ricordare le cinque piaghe di Cristo in croce, dicendo «Per mezzo delle sue sante piaghe, gloriose, ci protegga, e ci custodisca, il Cristo Signore. Amen».
Terminata la preparazione, il cero viene acceso dal celebrante con uno stoppino dal fuoco nuovo, benedetto, dicendo «La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito». E la veglia prosegue con la processione guidata dal cero pasquale acceso all’interno della chiesa buia, mentre l’assemblea canta per tre volte «La luce di Cristo. Rendiamo grazie a Dio».

I gesti e le parole con cui abbiamo pregato la notte di Pasqua sul cero ci mostrano in modo lampante il profondo significato che esso assume per noi cristiani: è segno di Cristo stesso che con la sua Risurrezione ha squarciato le tenebre della morte e ci ha donato la luce della vita. Ecco perché per tutto il tempo di Pasqua, come nella celebrazione di un battesimo e di un funerale, viene sempre acceso il cero pasquale: nel principio e nella fine della vita, ogni cristiano partecipa sempre alla luce di Cristo, quella stessa luce che scaturisce dal suo mistero di morte e di risurrezione per noi.
Il secondo segno principale del tempo pasquale è l’acqua benedetta. Elemento naturale che evoca in se stesso la vita e la purificazione, in ambito cristiano l’acqua viene a significare Cristo stesso, l’unico capace di estinguere la sete profonda del nostro cuore. Nell’acqua su cui è stata invocata la benedizione di Dio siamo stati immersi noi cristiani al momento del battesimo proprio per essere inseriti nella realtà profonda di Cristo, e, uniti a Lui, diventare «figli nel Figlio», aver la fortuna e la bellezza di poter chiamare Dio «nostro Padre».
Ecco perché nella veglia pasquale, subito dopo la liturgia della luce e la liturgia della parola, celebriamo la liturgia battesimale: il mistero salvifico pasquale del risorto si estende a tutti i credenti mediante i sacramenti (soprattutto quello del battesimo) e ci permette di partecipare in prima persona alla sua resurrezione in quanto morti e sepolti con lui. È la Pasqua della Chiesa che, immersa nel suo Signore (la parola «battesimo» vuol dire in greco proprio «immersione»), si vede dischiudere le porte della vita eterna. Ecco perché nella notte di Pasqua è sempre stata celebrata, fin dai primi secoli, l’iniziazione cristiana: è il momento migliore e più adatto per generare, in grembo alla Chiesa, i nuovi membri della famiglia di Dio.
Viviamo bene questo tempo liturgico, ricco di grazia e di salvezza, perché insieme, come Chiesa, possiamo crescere sulla strada del suo amore e portare a tutti l’annuncio di gioia e di pace che ci dona il Risorto.